Quali lavori sostituirà l’AI: entro 5 anni, oltre il 2030

Lo sviluppo delle AI generative, come ChatGPT promette di essere una vera rivoluzione per il mondo del lavoro. Ciò rischia di rendere alcune professioni obsolete. In questo articolo ti mostriamo quali lavori potrebbero essere sostituite dall’AI.

Quando l’AI potrà entrare nel mondo del lavoro?

Dal suo rilascio, ChatGPT è un’osservatrice speciale del mondo del lavoro, poiché sia le aziende che i liberi professionisti la vedono come un modo per aumentare la produttività. Nonostante si sia evoluta in fretta, l’intelligenza artificiale è ancora agli inizi. Le possibilità sembrano moltiplicarsi, specialmente con il rilascio di GPT-4, una versione del modello di linguaggio che alimenta il chatbot in modo sempre più accurato e affidabile, e l’integrazione dei plugin per ChatGPT. Gli strumenti di produttività stanno già subendo diversi cambiamenti: Microsoft ha recentemente annunciato l’arrivo dell’assistente virtuale Copilot per la suite Microsoft 365, Google ha aggiunto un assistente smart per la suite Workplace e Canva ha integrato l’AI nei suoi strumenti con Canva Visual Suite.

L’AI sta gradualmente entrando nel mondo del lavoro e sembra inevitabilmente destinata ad eliminare molti lavori attuali. Secondo un sondaggio di Resume Builder, pubblicato da Fortune, il 25% delle aziende hanno già sostituito degli impiegati con ChatGPT (come ad esempio CNET). Si tratta di una vera rivoluzione per il lavoro del settore terziario, come è accaduto dell’industrializzazione per le professioni manuali, soprattutto in Europa e negli Stati Uniti. Quindi, quali cambiamenti ci dovremmo aspettare di qui a 5 anni e magari al 2030?

Come l’AI rivoluzionerà l’insegnamento?

In un post sul suo blog, Bill Gates ha definito l’AI la più grande rivoluzione tecnologica dall’introduzione della GUI (Graphical User Interface) nel 1980. Come ha dichiarato il fondatore di Microsoft: “Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale è fondamentale come la creazione del microprocessore, del PC, di internet e dello smartphone. Ciò cambierà il modo in cui le persone lavorano, imparano, viaggiano, si prendono cura di sé e comunicano con gli altri. Per la prima volta nella storia delle innovazioni tecnologiche, le professioni a risentire maggiormente di questa novità sarebbero quelle “intellettuali”. Questo cambiamento è stato studiato da diversi specialisti, i quali cercano di prevedere l’impatto che questo tipo di tecnologia può avere sul mondo del lavoro negli anni a venire.

Quindi, i ricercatori di OpenAI, in collaborazione con Open Research e l’Università della Pennsylvania, hanno cercato di determinare quale lavoro è più a rischio tra un campione di 1000 lavori, ognuno dei quali è stato suddiviso in più attività. Secondo la ricerca, sembra che l’AI potrebbe occuparsi di almeno il 50% della maggior parte delle attività individuate per ogni lavoro. Questo “aiuto” avrà un forte impatto sui lavori ad “alto reddito”, poiché questi prevedono che il lavoro venga svolto utilizzando un software.

Intelligenza artificiale: quali sono le professioni più a rischio?

Secondo OpenAI: “I nostri risultati indicano che circa l’80% della forza lavoro statunitense potrebbe vedere almeno il 10% delle proprie attività lavorative interessate dall’implementazione dell’IA, mentre circa il 19% dei lavoratori potrebbe vedere almeno il 50% delle proprie attività assegnate all’intelligenza artificiale”. Certo, la scrittura e le professioni creative (scrittori, poeti, parolieri, giornalisti, graphic designer ecc.) saranno fortemente colpiti dalla cosa, ma non sono gli unici. Le professioni legali (come gli assistenti legali), i programmatori e i tecnici (matematici, commercialisti, digital interface designer) subiranno gli effetti dell’AI. Dall’altro lato, i professionisti che “dipendono fortemente dalle scienze e dalle abilità di pensiero critico” saranno i meno colpiti dall’arrivo dell’Intelligenza artificiale. Di seguito ti mostriamo una lista (non esaustiva) delle professioni messe a rischio dall’AI.

  • Consulente finanziario o bancario: l’AI è in grado di analizzare i mercati finanziari e dati economici per offrire consigli su investimenti basati su modelli predittivi.
  • Operatore di call center: l’intelligenza artificiale può gestire le chiamate in entrata e in uscita, rispondere a domande e risolvere i problemi degli utenti.
  • Community manager: l’AI può interagire con gli utenti sui social network, moderare commenti e gestire campagne pubblicitarie.
  • Copywriter: l’AI può generare contenuti pubblicitari, titoli accattivanti e produrre descrizioni utilizzando tecniche persuasive.
  • Sviluppatore: l’AI può generare codici e creare elementi di design e grazie alla creatività algoritmica, si possono creare scenari e livelli accattivanti per videogame.
  • Giornalista: l’AI può scrivere articoli basandosi su fonti certe e rispettando gli standard giornalistici.
  • Assistente legale: l’AI può effettuare ricerche in ambito legale, scrivere bozze e aiutare a preparare casi.
  • Bibliotecario: l’AI può organizzare e catalogare fonti, ma anche rispondere alle richieste degli utenti.
  • Moderatore: l’AI può identificare velocemente e rimuovere contenuti inappropriati su piattaforme online.
  • Insegnante online: l’AI offre risposte istantanee e fonti utili per aiutare gli studenti.
  • Programmatore: l’AI riesce a gestire diversi linguaggi di programmazione e scrivere o risolvere codici.
  • Real estate: l’AI potrà offrire informazioni su proprietà, organizza tour virtuali e aiutare nella negoziazione.
  • Receptionist: l’AI può gestire chiamate, appuntamenti e informazioni per i clienti
  • Recruiter (HR) : l’AI può gestire i CV, selezionare candidati e facilitare i colloqui di lavoro.
  • Screenwriter: l’AI può generare idee per storie, dialoghi, trame e foto basandosi su un database di film, serie TV e libri.
  • Guida turistica: l’AI può offrire informazioni su luoghi, cultura e attrazioni in un’area, ma anche consigli su attività, ristoranti e alloggi".

Quante professioni sono messe a rischio dall’AI?

Gli analisti di Goldman Sachs hanno recentemente pubblicato un report in merito in cui indicano che l’AI generativa, come ChatGPT, potrebbe eliminare circa 300 milioni di lavori nel mondo. Circa i due terzi degli attuali lavori negli Stati Uniti e in Europa sarebbero infatti esposti a un certo grado di automazione dell'IA. Le più a rischio sono le professioni legali, amministrative e di assistenza clienti per gli Stati Uniti, e le professioni dirigenziali e amministrative in Europa.

Quindi, il 46% delle attività amministrative, il 44% delle attività legali e il 37% delle attività nel settore dell’architettura e dell’ingegneria potrebbero essere sostituite dall’AI. Anche il settore delle scienze naturali potrebbe essere colpito, con il 36% delle attività sostituibili dall’AI. Infine le attività commerciali e finanziarie completano la top 5, poiché sono sostituibili per il 35% dall’AI. Come detto in precedenza, le professioni che richiedono attività fisica, come l'edilizia e la manutenzione, sono le meno soggette alle conseguenze dell’arrivo dell’AI, rispettivamente con il 6% e il 4%. Sempre secondo gli analisti, i cinque paesi più colpiti da questa rivoluzione dovrebbero essere Hong Kong, Israele, Giappone, Svezia e Stati Uniti, a differenza di Cina, Nigeria, Vietnam, Kenya e India.

Visto in questo modo, il futuro sembra essere pessimista. Tuttavia, lo studio prevede un incremento della produttività e un'accelerazione dell'economia mondiale, con un PIL globale annuo che potrebbe aumentare fino al 7%, il tutto grazie all'IA generativa. Gli analisti di Goldman Sachs credono che lo sviluppo dell’AI potrebbe creare un nuovo business: “lo spostamento dei lavoratori dovuto all'automazione è sempre stato compensato dalla creazione di nuovi posti di lavoro e dall'emergere di nuove professioni". In particolare, si potrebbe pensare di sviluppare lavori per testare chatbot con test (un po’ come fatto con Bing Chat quando era in beta). Resta da vedere se la creazione di posti di lavoro sarà sufficiente a compensare i posti a rischio. Il report è comunque rassicurante, poiché "sebbene l'impatto dell'IA sul mercato del lavoro sia probabilmente significativo, la maggior parte dei posti di lavoro e delle industrie sono esposti all'automazione solo in modo parziale ed è quindi più probabile che vengano integrati piuttosto che sostituiti dall'IA". È quindi probabile che solo il 7% dei posti di lavoro negli Stati Uniti verranno completamente sostituiti dall'intelligenza artificiale, mentre il 63% dei lavoratori vedrebbe i propri compiti completati dall'intelligenza artificiale e il 30% non sarebbe completamente colpito dall'automazione.

Dovremmo stancarci dell’AI nel lavoro?

Come ha ricordato il CEO di OpenAI Sam Altam, il rivoluzionario impatto dell’AI generativa nel mondo del lavoro sembra costringerci a muoverci con estrema cautela, soprattutto quando questa nuova tecnologia va completamente fuori controllo nel rispondere a semplici richieste o quando viene usata per attacchi informatici. Si tratta infatti di un’opinione condivisa da mille esperti, incluso Elon Musk, e dai ricercatori del DeepMind (la divisione AI di Alphabet, casa madre di Google). Quest’ultimi hanno infatti sottoscritto una lettera per chiedere l’immediata interruzione per sei mesi dello sviluppo delle intelligenze artificiali più potenti di GPT-4, poiché giudicano lo sviluppo dell’AI troppo rapido. Questa interruzione permetterebbe di valutare in anticipo gli se i loro effetti possano essere positivi e i loro rischi gestibili.

Preoccupazione e richiesta del tutto legittima questa poiché, con la “corsa per l’AI”, le aziende IT rilasciano spesso le loro tecnologie in modo troppo rapido, senza preoccuparsi di mettere in atto i necessari controlli. Un esempio di ciò è Bard, il chatbot di Google, che ha fatto un errore monumentale durante la sua presentazione o Microsoft e Bing, che poco dopo il suo rilascio ha moltiplicato gli errori e il mood, arrivando anche ad insultare gli utenti. Inoltre, non bisogna dimenticare anche il problema della carboon footprint (questo tipo di AI ne consuma molta) e quello relativo alla tutela della privacy degli utenti. Resta infine da vedere anche fino a che punto siamo disposti a delegare le nostre attività all’intelligenza artificiale, soprattutto quando si tratta di questioni complesse, come la diagnosi di una malattia o il verdetto di una causa in tribunale. Fin dove si spingerà l’AI?

Foto: Unsplash.

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