La Commissione europea ha pubblicato un rapporto interessante ed educativo sulle strategie dei grandi brand online per pressare gli utenti all’acquisto impulsivo. Si tratta di un ottimo strumento per scoprire ed evitare queste tecniche di manipolazione.
A volte, quando effettui degli acquisti online ti ritrovi con un’ulteriore opzione di acquisto non richiesta, aggiunta discretamente al tuo ordine. In altri casi invece, se non hai approfittato di un particolare sconto, ricevi un messaggio che ti fa sentire in colpa. Queste tecniche di manipolazione, chiamate dark pattern sono utilizzate per influenzare il comportamento dei consumatori a vantaggio di siti e negozianti (dai un’occhiata al nostro articolo). Lo scopo? Spingere all’acquisto, farli pagare in anticipo o farli abbonare discretamente a delle opzioni a pagamento. La Commissione europea ha deciso quindi di esaminare il problema, pubblicando i risultati di un importante studio realizzato con l’aiuto delle autorità nazionali per la protezione dei consumatori dei 23 stati membri, della Norvegia e dell’Islanda sui “siti web di vendita al dettaglio<ital>”.
La Commissione europea, nell’ambito di una delle sue numerose operazioni, si è interessata al caso di 399 negozi di e-commerce accessibili tramite siti web o applicazione (soltanto in 102 casi). Secondo i risultati dello studio, 148 di queste piattaforme utilizzano almeno una delle tre tecniche di manipolazione prese in esame dalla Commissione. Secondo il commissario europeo della giustizia, Didier Reynders: «<ital>la nostra analisi rileva che quasi il 40% dei siti di e-commerce si basa su pratiche manipolatrici atte a sfruttare la vulnerabilità dei consumatori o a ingannarli».
La prima tecnica di manipolazione regolarmente utilizzata nelle piattaforme di e-commerce porta gli utenti all’acquisto facendogli credere che stanno perdendo un’opportunità se questi impiegano troppo tempo ad effettuare l’acquisto o a prenotare il servizio. È il caso dei falsi conti alla rovescia che fanno credere di dover acquistare subito per risparmiare, quando invece le “offerte” sono visualizzabili e utilizzabili in modo permanente. Allo stesso modo, alcune piattaforme, come ad esempio Booking, specificano regolarmente che una camera è appena stata prenotata o che un hotel è particolarmente popolare con frasi come “sono rimaste solo tre stanze a questo prezzo”. Altri siti di e-commerce, come ad esempio, Etsy, utilizzano la formula “Attenzione, sono rimasti solo 5 articoli in magazzino”. L’obiettivo in questo caso è quello di far pressione sul consumatore in modo che, vedendo questo tipo di alert, si affretti all’acquisto per evitare che perda il prodotto o la prenotazione.
Un’altra tecnica, utilizzata da 54 negozi di e-commerce su 399 è quella di utilizzare una “presentazione o una formula” destinata a orientare le scelte del consumatore, soprattutto con abbonamenti a piani, prodotti o spedizioni più costose. Ad esempio, quando i clienti stanno per acquistare un solo prodotto, la piattaforma propone le spese di spedizione gratuite se si arriva ad una certa cifra poco più alta. In altri casi, quando si va sulla pagina del carrello, la piattaforma inserisce un abbonamento ad un’opzione (che in seguito si rivela essere a pagamento) tra due tappe della procedura (come ad esempio Amazon con il suo servizio Prime).
Da questa indagine è stato anche rilevato che 70 delle piattaforme di e-commerce prese in esame nascondono (o rendere meno visibili) delle informazioni importanti per evitare di dissuadere gli utenti dall’effettuare l’acquisto. In particolare, la Commissione europea ha segnalato dati mancanti relativi alle “informazioni sui costi di consegna, alla composizione dei prodotti o alla disponibilità di un’opzione meno costosa”. Si può ad esempio citare il recente caso degli abbonamenti Netflix, che in fase di registrazione omette di proporre si da subito l’abbonamento Base (a 7,99 euro, in favore di Base con pubblicità (a 5,99 euro) e Standard a (12,99 euro).
La Commissione europea non conta solamente di constatare i vari problemi, ma vuole anche passare all’azione. Come ha dichiarato ancora Reynders: «<ital>Oggi disponiamo già degli strumenti per aiutare a risolvere questo tipo di problemi e invito le autorità nazionali a utilizzare le loro capacità di applicazione della legge per adottare le misure più appropriate per combattere queste pratiche». Sotto il coordinamento della rete di cooperazione per la protezione dei consumatori (CPC), le autorità nazionali si incaricheranno di contattare gli operatori interessati in modo che questi rettifichino le informazioni contenute sul proprio sito web ed evitare che vengano applicate ulteriori misure. In attesa di ciò esistono comunque delle tecniche che puoi applicare per non cadere nelle varie trappole dei siti di e-commerce (come spiegato nel nostro articolo).
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